Il lavoro da remoto, sì o no? Ieri i dirigenti aziendali lo accettavano. Oggi non ne vogliono più sentire parlare… E se in passato questa pratica si è così diffusa, era semplicemente per attirare persone.
L’era del lavoro da remoto è finita?
Il dibattito sul lavoro a distanza e il ritorno in ufficio suscita molte opinioni, anche tra i grandi CEO e gli investitori. L’ultimo a commentare la sua posizione sul lavoro a distanza è il venture capitalist Paul Graham, che ha cofondato Y Combinator, una startup della Silicon Valley che ha investito in Airbnb, Stripe e altre rinomate aziende. E quest’ultimo ha spiegato questo weekend sui social media perché alcuni dirigenti aziendali si sono allontanati dal lavoro a distanza dopo averlo adottato. Queste conclusioni gli derivano da discussioni con diversi fondatori che hanno cambiato idea sul lavoro a distanza e stanno cercando di far tornare le persone in ufficio.
Abbiamo visto in particolare Sam Altman, CEO di OpenAI, prendere posizione su questo dibattito spiegando che le cose migliori si creano in ufficio. Nello stesso senso, Google ha anche annunciato, di recente, tramite la sua direttrice delle risorse umane, Fiona Cicconi, che i dipendenti del gigante della tecnologia dovranno venire in ufficio almeno 3 volte a settimana, spiegando che “niente può sostituire una riunione di persona e non c’è dubbio che lavorare insieme nella stessa stanza faccia la differenza in positivo.”
Il lavoro da remoto danneggia la produttività
In un breve thread su Twitter, Paul Graham ha suggerito che l’efficienza del lavoro a distanza diminuisce nel tempo. E questa conclusione potrebbe quindi spiegare in parte perché i dirigenti di alcune aziende hanno gradualmente perso fiducia in questa pratica. “Ci saranno sicuramente sempre aziende remote-first. C’erano prima del Covid. Funziona per alcune aziende. E ci saranno tipi di lavoro, come il servizio clienti, che saranno generalmente svolti a distanza. Ma remote-first non sarà la scelta predefinita”, spiega il programmatore e investitore.
Ho parlato con diversi fondatori di recente che hanno cambiato idea sul lavoro da remoto e stanno cercando di far tornare le persone in ufficio. Dubito che le cose torneranno esattamente come erano prima del Covid, ma sembra che torneranno per la maggior parte.
Paul Graham si chiede anche da solo in un altro tweet: “Perché così tante persone intelligenti sono state ingannate?” e poi risponde che in parte crede che il lavoro da remoto funzioni inizialmente, se si parte da un sistema già sterilizzato in termini di dinamiche lavorative. Pensa anche che le aziende abbiano ingannato le persone per attirare nuovi talenti nel loro personale.
E Paul Graham non è l’unico rinomato investitore a mettere in discussione il lavoro da remoto. Keith Rabois, general partner della società di venture capital Founders Fund, ha dichiarato il mese scorso al The Logan Bartlett Show che i giovani lavoratori “imparano per osmosi” e che i supervisori scoprono talenti nascosti osservandoli. Né lui né la sua azienda, ha aggiunto, investirebbero in una startup incentrata sul lavoro da remoto. Come abbiamo spiegato in precedenza, il CEO di OpenAI, Sam Altman, che ha guidato Y Combinator dopo il mandato di Paul Graham, ha recentemente descritto anche il lavoro da remoto come un errore.